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"Ho paura, e non so di che: non di quello che mi viene incontro, no, perché in quello spero e confido. Del tempo ho paura, del tempo che fugge cosě in fretta. Fugge? No, non fugge, e nemmeno vola: scivola, dilegua, scompare, come la rena che dal pugno chiuso filtra giů attraverso le dita, e non lascia sul palmo che un senso spiacevole di vuoto. Ma, come della rena restano, nelle rughe della pelle, dei granellini sparsi, cosě anche del tempo che passa resta a noi la traccia". Antonia Pozzi scrive queste riflessioni tra il 1925 e il 1927. Č nata nel 1912, appena una ragazzina quindi. Eppure č questo senso di spossata malinconia, di vertigine di perdita, di repentina nostalgia che lei esplorerŕ fino alla sua morte, il 2 dicembre 1938, nuda e con troppe pillole ingoiate in un fosso gelato nella campagna intorno a Milano. In questa raccolta, curata da Ernestina Pellegrini, docente di italianistica dell'Universitŕ di Firenze e curatrice del Meridiano Mondadori dedicato a Claudio Magris, č contenuto il corpus maggiore delle sue poesie, dalle quali emergono un'esacerbata sensibilitŕ e profonditŕ di autoanalisi.