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Nonostante abbia avuto mentori autorevoli - da Pannunzio a Montale, da Pasolini a Garboli - Antonio Delfini resta autore appartato e inafferrabile. L'eterno dilettante di talento, «eccentrico sia rispetto all'avanguardia sia rispetto alla tradizione» come scrive Roberto Barbolini nella sua introduzione, ha giocato a confondere vita e scrittura in un azzardo continuo, sino a fare della letteratura un surrogato dell'esistenza e a trasformare in racconto la propria tormentata biografia. L'opera che più compiutamente ne rappresenta estri e umori è senz'altro Il ricordo della Basca , raccolta pubblicata nel 1938 che qui si ripropone nell'edizione definitiva - preceduta da quel riconosciuto capolavoro che è Una storia e seguita dal frammento Il 10giugno 1918 - con il titolo I racconti con cui uscì da Garzanti nel 1963. Sul fondale incantato della sua Modena, la Modena degli anni Trenta, reale e immaginaria al tempo stesso, l'autore proietta le sue stravaganze di dandy di provincia, l'amarezza degli amori solo vagheggiati, la rabbia peri sogni infranti. Sono pagine che restituiscono la freschezza e la felicità vagabonda della scrittura di questo eterno puer , la voce tenera e straziata dell'uomo disperato e pieno di grazia che fu Antonio Delfini.